Venerdì Santo a Belmonte

Venerdì Santo
Venerdì Santo a Belmonte

Dinamico e statico il soggetto che il maestro Profeta ci presenta per la sua rievocazione personale della Pasqua in questo 2020 sui generis, la vara con il Cristo condotta per le vie di Belmonte Mezzagno secondo la tradizionale devozione locale, che si perpetua di anno in anno sin dalle origini storiche del feudo ventimigliano. 

Si ritrae una scena dell’evento sacro in uno spazio tenebroso, spettralmente spoglio, talmente compatto da sembrare, più che un cielo, un fondale senza tempo. 

Qui il pittore mette in campo una particolare concezione del fare artistico, inteso come operazione empirica, cioè fondata sull’attenta osservazione del dato reale, la processione religiosa del Venerdì Santo, colta nella variabilità del suo manifestarsi; a dominare è il senso della vista, di chi osserva il soggetto rappresentato e di chi conduce il Cristo e che diviene il fondamento dell’intero processo di interpretazione del quadro. La pittura diviene così in questo contesto lo strumento più idoneo alla penetrazione del significato teologico del soggetto. Pensiero religioso, realtà fenomenica e suggestione soggettiva convivono armonicamente in questa rappresentazione dall’imponente forza cromatica, che vede nello sfondo il dominio delle tenebre e appena accennati i contorni della Chiesa Madre, illuminata soltanto dal riverbero delle luci della vara, vero focus dell’opera. Le rapide linee di luci del prospetto della Chiesa non ne tracciano infatti gli esatti contorni, ma si limitano a suggerirne la presenza in una vibrante variazione di chiaroscuri. L’occhio dell’osservatore viene così indirizzato alla luce proprio dal brumoso spazio circostante, luce che esplode vaporosa nella cornice lussureggiante di verde della vara, che pare mettere in secondo piano il volto di Cristo. Ne è prova il carattere ridondante e barocco della scenografia pietistica popolare, che celebra con una natura morta il Figlio del Dio vivente, e la preponderanza fisica dei soldati, simbolo della forza primigenia della barbarie umana, che ha messo a morte, crocifiggendolo, l’autore della vita. La potenza del moto corporeo delle figure umane isola il soggetto propriamente religioso, ossia il Cristo adagiato sull’urna, la cui mimica immobile, segnata dalla flagellazione e dalla crocefissione, si tramuta in uno straziante compianto della spoglia divina. Un compianto senza soggetto, senza folla, senza fedeli, quasi a ricordarci che lo abbiamo rinnegato per paura del pianto, per quel dorso chino sotto la croce, che ci è difficile imitare. Un compianto senza voci e presenze umane, che sembra profezia e rivelazione del flagello storico, che si vive in questi giorni a livello mondiale, ridotti, come siamo, a mute presenze di osservatori. 

Eppure ogni anno saremo lì, in un angolo di strada, aspettando che Cristo passi di nuovo, oppressi da un silenzio di morte, che presto si leverà in una nuvola di canto e di vita.

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Un commento su “Venerdì Santo a Belmonte
  1. Maurizio fallea ha detto:

    Gaetano Profeta é un vero grande artista tanto da ispirare,con una scena della passione, unacosi tanto bella e circostanziata critica.

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